lL PRESENTE ARTICOLO RAPPRESENTA IL Commento alla sentenza della Corte di Cassazione del 10 ottobre 2019, n. 25573
Il caso: Ad una guardia giurata, dipendente di un Istituto di Vigilanza privato di Verona, era stato assegnato il compito di piantonare uno stand all’interno di un padiglione, nel quale si trovava un prototipo di motore non ancora presentato al pubblico.
Le porte del padiglione erano chiuse e la struttura era sorvegliata all’interno da altre due guardie giurate, addette ad altrettanti stand, e da una terza guardia giurata addetta alla sorveglianza dell’intero padiglione.
Alle ore 6.15 del mattino, la prima guardia giurata fu trovata a dormire da preposti aziendali su un divano collocato in uno stand adiacente a quello cui era addetto, stand dal quale era possibile vedere la struttura affidatagli in sorveglianza.
Dopo le rituali contestazioni, egli fu licenziato per abbandono del posto di lavoro, anche alla luce del fatto che – secondo l’apprezzamento del suo datore di lavoro – da quella condotta emergeva chiaramente la coscienza e la volontà di non svolgere il proprio lavoro.
Il lavoratore impugnò il licenziamento; si radicò un contenzioso che si è protratto in tre gradi di giudizio.
Quale esito ha avuto il primo grado di giudizio?
Il Giudice del Lavoro di Verona, competente per materia in primo grado, accolse il ricorso del lavoratore, dichiarando il licenziamento illegittimo ed escludendo che la condotta della guardia giurata potesse configurare abbandono del posto di lavoro. Secondo il suo apprezzamento, infatti, il comportamento del lavoratore è da incardinare nell’alveo dell’addormentamento in servizio, fattispecie per la quale il CCNL applicato dall’Istituto di Vigilanza prevede la sanzione conservativa della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione da uno a sei giorni.
Dispose pertanto la reintegra nel posto di lavoro della guardia giurata, atteso che la sanzione espulsiva doveva ritenersi sproporzionata, poiché per quella condotta il CCNL prevede una sanzione conservativa.
Immagino che l’Istituto di Vigilanza impugnò la sentenza di primo grado; se si, per quali motivi e quale fu l’esito?
L’Istituto di Vigilanza propose appello avverso la sentenza del Giudice del Lavoro di Verona e la Corte d’Appello adita (quella di Venezia) confermò la sentenza di primo grado.
L’Istituto di Vigilanza censurò la decisione del Giudice di prime cure sotto un triplice profilo.
In primo luogo ribadì che la condotta posta in essere dal lavoratore integrasse la fattispecie dell’abbandono del posto di lavoro, cui deve aggiungersi l’evidente coscienza e volontà di non svolgere il proprio lavoro.
Inoltre, dedusse che il comportamento del medesimo lavoratore – a prescindere dalla sua formale qualificazione – era stato certamente idoneo a giustificare l’irrogazione della sanzione espulsiva per giusta causa, poiché egli in maniera deliberata e consapevole si era allontanato dal posto di lavoro alla ricerca di un luogo appartato dove poter dormire senza essere disturbato, in tal modo ponendo in essere una condotta grave intrinsecamente ed ontologicamente; di conseguenza, asserì che la sanzione espulsiva fosse proporzionata rispetto all’infrazione commessa.
Da ultimo, il datore di lavoro ritenne il fatto tale da integrare una macroscopica lesione del vincolo fiduciario (che deve essere alla base di ogni rapporto di lavoro) e sostenne che la condotta della guardia giurata avrebbe potuto incidere sulla legittima aspettativa datoriale futura circa il corretto adempimento della prestazione.
Con riferimento al primo motivo di appello, la Corte d’Appello di Venezia – analizzato il contesto ambientale in cui si erano svolti i fatti contestati alla guardia giurata – ritenne che non sussistesse quel totale distacco dal bene da proteggere (circostanza, questa, che integrerebbe l’abbandono del posto di lavoro).
Secondo la Corte di secondo grado, infatti, nella fattispecie concreta non vi era da temere un pregiudizio forte per lo stand da sorvegliare, atteso che lo stesso stand si trovava all’interno di un padiglione con le porte chiuse, che era a sua volta sorvegliato e che vi erano altre due guardie giurate preposte al controllo di stand adiacenti.
Peraltro, sostenne la Corte territoriale, il fatto che la guardia giurata si trovasse su un divano collocato in uno stand adiacente a quello che doveva controllare, dal quale era possibile vedere lo stand che gli era stato affidato in cura, esclude in radice che l’incolpato avesse coscienza e volontà di non svolgere il proprio lavoro.
Circa il secondo motivo di appello (proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta sanzionata), il Giudice di secondo grado ribadì che la fattispecie verificatasi non costituisce abbandono del posto di lavoro ma configura la violazione di un soggetto che si addormenta in servizio, per la quale il CCNL applicato in azienda prevede la sanzione conservativa della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione da 1 a 6 giorni.
Conclude, per l’effetto, per la sproporzione tra sanzione irrogata ed infrazione commessa.
Infine, riguardo alla macroscopica lesione del vincolo fiduciario richiamata dal datore di lavoro, che potrebbe anche avere riflessi sulla legittima aspettativa datoriale circa la prestazione futura del dipendente, la Corte di merito ritenne che l’elemento intenzionale non fosse così forte da incidere sulla predetta aspettativa in quanto la guardia giurata di cui trattasi aveva un’anzianità aziendale di 14 anni, senza precedenti disciplinari ed aveva sempre garantito un buon grado di affidamento per le mansioni assegnategli.
Si è arrivati anche in Cassazione? Come è andata?
La Corte di legittimità ha confermato l’illegittimità del licenziamento per sproporzione della sanzione rispetto alla condotta contestata, sul presupposto che il comportamento del lavoratore, così come accertato, non possa ritenersi abbandono del posto di lavoro (condotta per la quale il CCNL prevede il licenziamento), bensì che essa configuri l’ipotesi di chi si addormenta in servizio che – analogamente a chi esegue con negligenza il lavoro affidatogli ovvero ometta parzialmente di eseguire la prestazione richiesta od anche arrechi danno alle cose ricevute in dotazione – è punito con la sanzione conservativa della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione da 1 a 6 giorni.
Per l’effetto, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione dei Giudici di merito di disporre la reintegra nel posto di lavoro della guardia giurata, atteso che nelle ipotesi di manifesta insussistenza del fatto oppure laddove per la condotta posta in essere il CCNL preveda una sanzione conservativa, la conseguenza dello stato patologico del licenziamento è appunto la reintegra.