A cura dell’Avv. Antonio Saccone, responsabile dell’Ufficio Legale dell’Ispettorato del Lavoro Chieti Pescara
Il caso pratico che affrontiamo è il seguente.
Un lavoratore, dopo aver presentato una denuncia all’Ispettorato del Lavoro, chiedendo da un lato che gli venisse riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato da lui svolto per circa 6 mesi in favore e per conto di un datore di lavoro e, per altro verso, che gli fossero pagate le spettanze retributive maturate in forza di quel rapporto di lavoro, ha sottoscritto in seguito un verbale di conciliazione con lo stesso datore di lavoro, nel quale quest’ultimo gli ha riconosciuto una somma di danaro a definizione di ogni pretesa economica da lui avanzata per il periodo di lavoro svolto.
A fronte del pagamento di quella somma di danaro, il lavoratore – in contrasto con quanto aveva in precedenza denunciato all’Ispettorato – ha dichiarato che il rapporto intercorso era stato di natura autonoma.
Quali sono le conseguenze di un accordo tra lavoratore e datore di lavoro sulla denuncia fatta all’Ispettorato?
La definizione di una controversia tra datore di lavoro e lavoratore con un accordo, mediante un atto di conciliazione o di transazione, è percepita dalle parti come un fatto che pone fine in maniera “tombale” alle pendenze esistenti.
In particolare, si ritiene che – sottoscrivendo un verbale di accordo, con il quale si definisce il rapporto intercorso (ad esempio, si stabilisce che al lavoratore vengano corrisposti importi riferiti a titoli specifici ovvero a saldo e stralcio di ogni questione) – ciò abbia riflessi anche sul credito contributivo dell’INPS e sulla facoltà dell’Ispettorato del lavoro di irrogare sanzioni amministrative.
Invece non è così!
Infatti, indipendentemente dalla volontà delle parti espressa negli atti di definizione delle controversie, l’obbligo di versare i contributi dovuti per il rapporto di lavoro intercorso permane, a prescindere dal fatto che siano stati soddisfatti in tutto o in parte gli obblighi retributivi nei confronti del lavoratore.
In altre parole, esiste un’autonomia dell’obbligo contributivo, che non è influenzato dal pagamento delle competenze salariali al prestatore di lavoro.
Quelle formulazioni di stile, cioè, con le quali si concludono i verbali di accordo in genere (ad esempio “con la sottoscrizione del presente atto il lavoratore rinuncia a qualsivoglia ipotetica ideabile azione nei confronti del datore di lavoro” oppure “il lavoratore si ritiene soddisfatto di ogni e qualsiasi pretesa rivendicativa comunque connessa all’intercorso rapporto” e così via) non incidono sulle pretese contributive dell’INPS, delle quali le parti del rapporto di lavoro non possono in alcun modo disporre, non essendo diritti rientranti nella loro sfera di appartenenza.
Allo stesso modo, la definizione salariale della controversia tra lavoratore e datore di lavoro non ha riflessi sulla facoltà dell’Ispettorato di comminare sanzioni amministrative, che sono anch’esse irrogate a prescindere dal soddisfacimento o meno dell’obbligo del datore di lavoro di erogare competenze economiche al lavoratore.
Ciò anche se l’atto di definizione della controversia viene sottoscritto in una delle sedi cd. protette (Commissione di conciliazione presso l’Ispettorato del Lavoro oppure in presenza di un conciliatore sindacale o davanti al Giudice)?
La sede presso cui la conciliazione o la transazione vengono sottoscritte rileva ai soli fini dell’inoppugnabilità dei verbali ai sensi dell’art. 2113 c.c., nel senso che gli atti di definizione delle controversie di lavoro sottoscritti presso una delle sedi cd. protette è immediatamente inoppugnabile, mentre quelli intervenuti in altre sedi (es. presso lo studio di un consulente ovvero di un avvocato) sono impugnabili entro 6 mesi dalla loro sottoscrizione.
Di conseguenza, anche la realizzazione di un accordo presso una delle sedi cd. protette determina le stesse conseguenze già dette circa la facoltà sanzionatoria dell’Ispettorato del Lavoro ed in relazione alle pretese contributive dell’INPS, che rimangono inalterate.
L’accordo sottoscritto in una delle cd. sedi protette, cioè, non è esecutivo nei confronti di terzi, come erroneamente qualcuno ritiene.
Se nell’accordo le parti danno al rapporto di lavoro tra loro intercorso una qualificazione giuridica diversa da quella denunciata dal lavoratore (ad esempio, quello che era stato denunciato come rapporto di lavoro subordinato viene definito di natura autonoma), come si comporta l’Ispettorato del Lavoro?
Proprio per quanto detto in precedenza (facoltà sanzionatoria dell’Ispettorato del Lavoro inalterata in caso di accordo tra le parti del rapporto, che vincola solo le stesse e non è estendibile a terzi), la diversa qualificazione giuridica data dalle medesime parti al rapporto di lavoro, contrastante con quella originariamente denunciata dal lavoratore, non incide sull’attività di accertamento dell’organo di vigilanza, il quale ne terrà ovviamente conto nella valutazione complessiva dei fatti, ma procederà nella sua azione finalizzata al riscontro di quanto denunciato.
Pertanto, la procedura sanzionatoria già avviata sarà portata a conclusione e, se la sanzione è stata già irrogata, la stessa non sarà annullata.
Qualora infine, si dovessero riscontrare differenti dichiarazioni rese da qualche soggetto (es. dal lavoratore), l’Ispettorato potrà valutare di effettuare una segnalazione dei fatti all’A.G. penale per l’ipotesi di reato di falsa testimonianza.